E Tu Slegalo Subito | Roma, muore dopo essere rimasto legato per ore a un letto di contenzione
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Roma, muore dopo essere rimasto legato per ore a un letto di contenzione

Roma, muore dopo essere rimasto legato per ore a un letto di contenzione

Il 28 novembre un ragazzo tunisino di 26 anni, Wissem ben Abdellatif, è morto nel reparto Spdc dell’ospedale San Camillo di Roma, dopo essere stato legato per ore, forse giorni, a un letto di contenzione.

Wissem ben Abdellatif era arrivato a Lampedusa a settembre 2021. Dopo essere stato trattenuto per dieci giorni su una nave quarantena davanti ad Augusta è stato trasferito nel Centro per il rimpatrio di Ponte Galeria a Roma. Lì per due volte è stato sottoposto a visita da uno psichiatra della Asl, che ha richiesto di approfondire la diagnosi. Per questo il 23 novembre Wissem è stato trasferito al pronto soccorso dell’ospedale Grassi e dopo altri due giorni ricoverato al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del San Camillo.

Di cosa è morto Wissem ben Abdellatif? Questa domanda non ha ancora una risposta chiara.
Quello che sappiamo è che in ospedale è stato sicuramente legato a lungo. Il documento sanitario ufficiale dove è indicata la necessità di «contenere» il paziente perché «aggressivo» è del 25 novembre. Vengono annotati i controlli del 26 e del 27, ma non viene specificata la durata della contenzione e non vengono registrati gli orari di inizio e di fine del trattamento.

È quindi possibile ipotizzare che Wissem sia rimasto legato ininterrottamente, mani e piedi, per oltre 61 ore.

Torna alla mente la vicenda di Franco Mastrogiovanni, il maestro elementare ricoverato ad agosto 2009 nell’Spdc dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, legato a un letto di contenzione per 87 ore, anche dopo il decesso.
O la storia di Elena Casetto, non ancora ventenne, che il 13 agosto del 2019 è morta carbonizzata nel reparto di psichiatria dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Durante l’incendio della sua stanza Elena era legata al letto mani e piedi, la porta chiusa a chiave dall’esterno.

Sulla morte di Wissem ben Abdellatif occorre ora fare piena chiarezza e giustizia.

E, come chiesto da Luigi Manconi, sociologo e presidente dell’associazione A Buon Diritto, in un articolo su La Repubblica del 7 dicembre 2021, è giunto il momento di ascoltare quanto affermato già nel 2015 dal Comitato Nazionale di Bioetica. Ovvero che «la contenzione rappresenta in sé una violazione dei diritti fondamentali della persona. Il fatto che in situazioni del tutto eccezionali i sanitari possano ricorrere a giustificazioni per applicare la contenzione non toglie forza alla regola della non-contenzione e non modifica i fondamenti del discorso etico».

E di cominciare seriamente a fare a meno di legare le persone: l’esistenza di servizi che hanno scelto di non applicare la contenzione e il successo di programmi tesi a monitorare e ridurre questa pratica confermano questa indicazione. E’ arrivato il momento. Anzi, è anche già tardi.