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“Matricola Zero Zero Uno” in scena nel teatro di Aversa

di Giuseppe Ortano

Resp. nazionale Nuove marginalità e nuovi diritti
Psichiatria Democratica

29 maggio 2018

Un caloroso e folto pubblico, la sera del 28 maggio 2018, presso il Teatro Cimarosa di Aversa, ha assistito alla messa in scena di Matricola Zero Zero Uno, liberamente ispirato all’omonimo testo di Nicola Graziano con foto di Nicola Baldieri, per la regia di Antonio Iavazzo e la produzione di Elpidio Iorio per PulciNellaMente.

Credo che non poteva esserci miglior modo per ricordare che sono trascorsi ormai 40 anni dall’emanazione della legge 180 che ha chiuso definitivamente in Italia la stagione manicomiale. Proprio qui ad Aversa, città che ha legato per due secoli il suo nome a quello della Psichiatria. Aversa ha avuto il triste primato del primo manicomio civile del Sud Italia, nel 1813 e del primo manicomio criminale d’Italia, nel 1876. Che però dopo una prima lunga fase di splendori, sono diventati sinonimo di lager. Del resto non diversamente da tutti i manicomi d’Italia. Abbiamo chiuso la Maddalena ormai 20 anni fa. Non è questa la sede per parlare del suo abbandono e delle sue potenzialità. Abbiamo contribuito a chiudere il F. Saporito anche con l’attivazione di una REMS a Mondragone. E’ doveroso ricordare che il processo di superamento degli OPG ha preso le mosse proprio da Aversa, dopo le ispezioni della Commissione Europea per la Prevenzione della Tortura che ne constatò le condizioni inaccettabili di vita degli internati e che costò all’Italia una condanna. La contenzione meccanica venne solo allora del tutto abolita.

Quando Nicola Graziano mi accennò del suo proposito di farsi internare in OPG mi sembrò subito una splendida folle idea. Mi era già presente la sua sensibilità ed il suo impegno sociale, ma a mio avviso era molto significativo che un magistrato, che si trova spesso a dover decidere del destino di una persona, si mettesse seppur per un breve tempo nei panni degli ultimi fra gli ultimi e sperimentasse sulla propria pelle cosa significava l’internamento manicomiale.

La bellezza del libro sta però nel non essere uno scritto per addetti ai lavori, ma umorale, affettivo, empatico e dà il senso di una coinvolgente esperienza umana che trasmette le emozioni del rapporto con persone diseredate, senza pietismi e falso buonismo.

La vera volontà è quella di capire il senso e l’utilità delle misure di sicurezza e del conseguente ’internamento. Il libro ci racconta di storie umane uniche ed irripetibili, con il loro portato di sofferenza, emarginazione, esclusione e ghettizzazione.

Contemporaneamente l’importanza del libro è documentale, sta nel fatto che anche grazie alle bellissime immagini di Nicola Baldieri , che ha condiviso l’internamento, si sia fermato nel tempo la condizione dell’OPG di Aversa, un’istante prima della sua definitiva chiusura. Nicola infatti entra in OPG il 27/10/2014. Un autentico orrore indegno di un paese appena civile , come ebbe a dire Giorgio Napolitano, nel 2012. Sono le ultime immagini di un mondo che non esiste più. L’OPG di Aversa ha passato il testimone alla REMS di Mondragone , ma con una diversa visione: da esclusione sociale a pratiche di inclusione sociale.
Hanno il valore della testimonianza: per non dimenticare e per evitare il revisionismo che oggi su tutti i campi dilaga.

Nessuno potrà dire io non c’ero.

Perchè come ha scritto Christa Wolf (Trama d’infanzia) « Il passato non è morto; non è nemmeno passato. Ce ne stacchiamo e agiamo come se ci fosse estraneo ».